Sono state date molte definizioni di Trauma Psicologico nel corso della storia, ma cosa si intende davvero con questo termine? Ci può venire in aiuto l’etimologia stessa della parola, che deriva dal greco e che vuol dire “ferita”. Il trauma psicologico, dunque, può essere definito come una “ferita dell’anima”, come qualcosa che rompe il consueto modo di vivere e vedere il mondo e che ha un impatto negativo sulla persona che lo vive.
Esistono diverse forme di esperienze potenzialmente traumatiche a cui può andare incontro una persona nel corso della vita. Esistono i “piccoli traumi” o “t”, ovvero quelle esperienze soggettivamente disturbanti che sono caratterizzate da una percezione di pericolo non particolarmente intesa. Si possono includere in questa categoria eventi come un’umiliazione subita o delle interazioni brusche con delle persone significative durante l’infanzia. Accanto a questi traumi di piccola entità si collocano i traumi T, ovvero tutti quegli eventi che portano alla morte o che minacciano l’integrità fisica propria o delle persone care. A questa categoria appartengono eventi di grande portata, come ad esempio disastri naturali, abusi, incidenti etc.
Nonostante gli eventi sopra descritti riferiti alle due tipologie di trauma siano molto differenti, la ricerca scientifica ha dimostrato che le persone reagiscono, dal punto di vista emotivo, mostrando gli stessi sintomi.
Non tutte le persone che vivono un’esperienza traumatica reagiscono allo stesso modo. Le risposte subito dopo uno di questi eventi possono essere moltissime e variare dal completo recupero e il ritorno ad una vita normale in un breve periodo di tempo, fino alle reazioni più gravi, quelle che impediscono alla persona di continuare a vivere la propria vita come prima dell’evento traumatico.
COSA SUCCEDE DOPO UN EVENTO TRAUMATICO?
L’essere stato vittima di un evento traumatico porta a conseguenze che possono essere riscontrabili non solo a livello emotivo, ma lasciano il segno anche nel corpo di chi è sopravvissuto a uno di questi eventi. Le ricerche scientifiche hanno dimostrato che le persone che hanno vissuto traumi importanti nel corso della vita portano i segni anche a livello cerebrale, mostrando, ad esempio, un volume ridotto sia dell’ippocampo che dell’amigdala. Queste scoperte, avvenute negli ultimi anni grazie all’utilizzo di strumenti di indagine sempre più sofisticati, gettano luce sulla stretta connessione mente-corpo. Ciò che ha un impatto emotivo molto forte si ripercuote anche a livello corporeo, quindi, risulta evidente che intervenire direttamente sull’elaborazione di questi eventi traumatici abbia un effetto anche la neurobiologia del nostro cervello.
Subito dopo aver vissuto un evento traumatico il nostro organismo e il nostro cervello vanno incontro ad una serie di reazioni di stress fisiologiche, che nel 70-80% dei casi tendono a risolversi naturalmente senza un intervento specialistico. Questo avviene perché l’innato meccanismo di elaborazione delle informazioni presente nel cervello di ognuno di noi è stato in grado di integrare le informazioni relative a quell’evento all’interno delle reti mnestiche del nostro cervello, rendendolo “digerito”, ricollocato in modo costruttivo e adattivo all’interno della nostra capacità di narrare l’accaduto. Ma cosa succede quando questo non avviene?
Alcune persone continuano a soffrire per un evento traumatico anche a distanza di moltissimo tempo dall’evento stesso. Spesso riportano di provare le stesse sensazioni angosciose e di non riuscire per questo motivo a condurre una vita soddisfacente dal punto di vista lavorativo e relazionale. In questi casi, quindi, il passato è presente.
Questo quadro sintomatologico, che può arrivare fino a delinearsi in un Disturbo da Stress Post-Traumatico, è caratterizzato appunto dal “rivivere” continuamente l’evento traumatico, continuando a provare tutte le emozioni, sensazioni e pensieri negativi esperiti in quel momento. E’ proprio quando ci si rende conto che le reazioni sono di questo tipo e che la sofferenza è significativa che è necessario chiedere aiuto ad uno specialista.
Di seguito vengono riportate alcune informazioni importanti da tenere presente quando si ha a che fare con persone che sono state esposte ad un evento traumatico. Esse possono essere un valido aiuto per comprendere quali siano le risposte tipiche a seguito di un evento di tale portata e quando è necessario intervenire con un supporto specializzato.
Di cosa abbiamo bisogno quando subiamo un’esperienza traumatica?
Avere una persona con cui parlare dei propri pensieri e sentimenti.
È importante considerare il fatto di aver bisogno di un aiuto di una persona di fiducia per superare il momento.
Cercare di mantenere la routine quotidiana, per esempio tornare al lavoro al più presto, anche se la capacità lavorativa sarà ridotta perché ci si potrebbe stancare facilmente.
Essere consapevoli che, anche se le reazioni e le emozioni sono forti, questo è normale.
Darsi il tempo necessario per riguadagnare le proprie forze.
Le reazioni durante e dopo l’incidente, che in realtà proteggono da un crollo psicologico, sono:
Senso di irrealtà – Si ha la sensazione di essere dentro a un film, le scene si svolgono come al rallentatore, i sensi sono acutizzati per fare una rapida valutazione dei pericoli presenti nella situazione, cercando delle vie d’uscita o altre soluzioni. Subito dopo l’esperienza traumatica, la realtà quotidiana attorno a noi può sembrare irreale o irrilevante, come se ci trovassimo sotto a una campana di vetro o in mezzo ad un incubo
Reazioni fisiche– Sono normali la tachicardia e il senso di nausea. In genere si sente caldo o freddo, oppure paura di stare da soli, bisogno di vicinanza, di un supporto e aiuto concreto
Alcune delle reazioni successive all’evento:
Pensieri intrusivi – Arrivano involontariamente pensieri, ricordi e immagini di quello che è successo. Compaiono soprattutto in momenti di rilassamento, per es. prima di dormire e si accompagnano di un senso di disagio.
Problemi di sonno – In genere il sonno è leggero, ci si sveglia spesso, si hanno degli incubi o sogni ricorrenti dell’evento.
Associazione con altri stimoli – È comune che alcuni stimoli ambientali, persone o situazioni richiamino l’evento in modo involontario. Questo è dovuto al fatto che l’evento viene associato ad altri fattori che provocano un certo malessere o ansia. Ovviamente lo stimolo da solo, se non venisse associato all’evento traumatico, non genera alcun disagio.
Difficoltà di concentrazione – Poca concentrazione in attività quale la lettura, la visione di un film, ecc.
Reazioni fisiche – Problemi di stomaco, senso di nausea, stanchezza.
Disperazione – È difficile accettare i fatti attuali e non si riesce a pensare al futuro in modo adeguato.
Colpa – Si ha senso di colpa ad esempio per essere sopravvissuti quando un’altra persona è morta o ferita gravemente. C’è una tendenza a colpevolizzarsi per non avere fatto a sufficienza. È comune dirsi: “Se io solo avessi…”
Vulnerabilità – Paura del futuro oppure impazienza e irritazione con gli altri, sopratutto con i familiari. Indifferenza verso cose che prima dell’incidente erano molto importanti per la persona. Questo a volte crea incomprensione con gli altri da cui scaturiscono ulteriori difficoltà.
Il significato della vita – Le persone pensano ripetutamente a quello che è successo per cercare di capire e dare un senso a quanto accaduto. Sono molto comuni pensieri riguardanti la vita e la morte e le cause che hanno portato all’evento traumatico vissuto. Ci si rende conto di essere estremamente vulnerabili e si è in apprensione rispetto all’eventualità che l’evento traumatico possa ripresentarsi nuovamente.
IL TRAUMA NEI BAMBINI
Il TRAUMA INFANTILE può essere definito come la conseguenza mentale di un evento esterno e improvviso o di una serie di eventi altamente stressanti che provocano una sensazione di impotenza nel bambino e che determinano una rottura delle abituali capacità di coping da lui messe in atto.
L’EMDR vede la patologia come informazione immagazzinata in modo non funzionale, soprattutto quella legata alle esperienze nei primi anni di vita. Le esperienze negative e traumatiche subite in età infantile sono in genere presenti in modo diffuso, vengono sottovalutate e diventano comunque una fonte primaria di disagio.
Qualsiasi esperienza in cui il bambino sperimenta oppressione, paura o dolore, insieme ad una sensazione di impotenza, può essere considerato un trauma infantile. I bambini che, durante l’infanzia, hanno sperimentato traumi ripetuti (sia di natura relazionale che ambientale) e che non possono contare su una buona relazione di attaccamento con le proprie figure genitoriali, sono caratterizzati da traiettorie di sviluppo estremamente carenti e danneggiate.
Questo è dovuto al fatto che i bambini sono molto impressionabili e il loro livello di esperienza non è tale da dare loro una visione equilibrata della vita e di loro stessi. Tendono a fidarsi molto degli adulti, soprattutto delle figure genitoriali che hanno una grande credibilità ai loro occhi. Quindi, se l’adulto fa o dice qualcosa di negativo o di grave il bambino attribuisce la colpa a se stesso, non ai problemi dell’adulto. I bambini provano dolore nello stesso modo degli adulti quando vengono esposti a eventi gravi come la morte di un familiare o una malattia o una violenza nei loro confronti. Quindi, i bambini sono soggetti a provare stati di ansia ed emozioni come rabbia, colpa, tristezza, mancanza e senso di impotenza. La capacità dei bambini di provare questo tipo di dolore è in genere sottovalutata, probabilmente questo è dovuto al fatto che si esprimono con modalità diverse da quelle degli adulti. Inoltre, nella nostra cultura abbiamo la tendenza a proteggere i bambini dal dolore e dalla sofferenza. Indipendentemente dal fatto di essere stati coinvolti direttamente nell’evento, i bambini si rendono conto e sentono quando succede qualcosa di grave. Se si tace o si è vaghi riguardo all’evento, si lascia il bambino da solo con i suoi pensieri, con la sua immaginazione, con domande senza risposta e con tutta l’incertezza che questo crea. Se non viene data alcuna informazione lasciamo il bambino alle sue fantasie, che in genere sono peggio della realtà. Le fantasie negative possono provocare un senso di ansia e di terrore che lasciano segni permanenti che si manifestano in seguito come vulnerabilità fisica o psichica.
I bambini che hanno vissuto delle esperienze altamente stressanti e traumatiche fin da piccoli, hanno la tendenza a rimettere in atto i loro traumi attraverso il comportamento. Essi possono infatti presentare alcune risposte tipiche determinate da questi fratture nello sviluppo, come ad esempio l’acting out o l’evitamento.
Le risposte a cui i bambini che hanno vissuto eventi traumatici possono andare incontro sono molte; esse possono variare da una breve reazione da stress che si risolve in modo spontaneo, ad una sindrome più complessa definita come Disturbo Post-Traumatico Complesso.
COME ESPRIMONO LE LORO EMOZIONI?
Le reazioni sono diverse, a seconda della loro età evolutiva e dell’importanza emotiva dell’evento, della violenza o della perdita. I bambini in genere hanno difficoltà a verbalizzare le loro emozioni. Le emozioni in genere vengono espresse attraverso irrequietezza, agitazione, scoppi di rabbia, paura del buio, problemi di sonno, incubi e paura dell’abbandono. Possono anche riferire sintomi fisici come mal di testa o di stomaco. Quando i bambini scoppiano a piangere o diventano molto tristi apparentemente senza motivo, allora può voler dire che stanno lottando con il dolore e che hanno bisogno di aiuto.
COME AIUTARE I BAMBINI?
E’ necessario dare messaggi chiari, trasmettere al bambino le informazioni in modo aperto e sincero, soprattutto riguardo quello che è successo, quello che sta succedendo e quello che succederà . Le spiegazioni devono tenere conto ovviamente dell’età del bambino. I genitori sono le persone più indicate per informare e preparare il bambino, se questo non è possibile allora deve farlo una persona che il bambino conosce bene, di cui si fida. Deve esserci il tempo e la tranquillità necessaria per parlare. L’adulto deve ascoltare le domande del bambino e rispondere con sincerità, accettare e rispettare le emozioni del bambino. I bambini reagiscono in modo diverso, alcuni piangono o protestano oppure negano la realtà, altri dimostrano apatia e si comportano come se non avessero sentito quello che gli è stato appena spiegato, ma devono avere la possibilità di poter riprendere l’argomento con le loro domande e di ricevere risposte sincere. Se non ci sono risposte, allora bisogna dirlo al bambino, i bambini questo lo capiscono. È importante ricorrere a volte al supporto di uno psicoterapeuta, soprattutto se le persone con cui vive il bambino non sono in grado di aiutarlo. L’intervento terapeutico è in genere di breve o media durata ed è importante non solo per risolvere il problema emotivo post-traumatico ma anche come prevenzione di difficoltà future.
VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA DELLA PSICOTERAPIA IN PSICONCOLOGIA: CONFRONTO TRA EMDR E ALTRA TERAPIA DI SUPPORTO PSICOLOGICO
Faretta, T. Agazzi; E. Poli; S. Sacchezin; C. Callerame
L’esperienza clinica e le narrazioni dei pazienti oncologici fanno pensare alla diagnosi di cancro come fonte di un possibile stress di rilevanza clinica. La letteratura scientifica psico-oncologica, infatti, fa spesso riferimento non tanto al disturbo conclamato (PTSD), quanto maggiormente ad una Sintomatologia Post-Traumatica. Poiché la comunicazione di una diagnosi come quella di cancro può essere di per sé un evento traumatico, in quanto la persona si trova a doversi confrontare improvvisamente con una condizione che minaccia la propria vita, l’applicazione dell’EMDR (Pupulin, 2008) può essere molto efficace per risolvere l’impatto di questa esperienza e delle situazioni ad essa collegate. L’obiettivo principale di questa ricerca è quello di indagare in via preliminare l’adeguatezza e l’efficacia delle linee guida di lavoro stabilite dal protocollo specifico secondo il trattamento EMDR, comparando i valori di ansia, stress, depressione, equilibrio emotivo, strategie attive di adattamento in pazienti oncologici, prima, durante e a conclusione dell’intervento EMDR.
EMDR E GENITORIALITÀ
Zaccagnino, M., Callerame, C., Cussino, M., Verardo, A.R.
Le esperienze traumatiche vissute dal genitore e immagazzinate in modo disfunzionale, possono riattivarsi nel sistema di accudimento del genitore stesso, determinando un Modello Operativo Interno dell’attaccamento del bambino contenente tracce mnestiche di tali eventi traumatici. Infatti, quando i ricordi traumatici irrisolti si riattivano nel genitore e nel suo sistema di accudimento nei confronti del figlio, la sofferenza mentale legata a questi ricordi determina significative ripercussioni sul bambino, in termini di difficoltà di regolazione emotiva e rappresentazione disfunzionale del suo sistema di attaccamento (Hesse & Main, 2000 e Hesse et al, 2003).
Per questi motivi l’obiettivo di questo progetto è quello di valutare l’utilizzo dell’EMDR nell’aiutare il genitore ad accedere ed elaborare i ricordi traumatici legati alla propria storia di attaccamento. Si ipotizza infatti che una risoluzione adattiva di tali memorie traumatiche abbia un impatto non solo sul benessere del genitore, ma anche sul bambino e sulla qualità della relazione genitore-bambino.
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