La perdita di una persona cara è un evento molto traumatico per un bambino. Dobbiamo considerare l’età in cui avviene il lutto, il legame affettivo che aveva e il funzionamento familiare nel quale si presenta.
Entro i 2 anni il bambino considera la morte una assenza momentanea, ma vive lo stato emotivo dei suoi parenti, può andare incontro a disturbi del sonno, ad una maggiore reattività o a ripetere sempre gli stessi giochi.
Dai 3 ai 5 anni il bambino inizia ad avere un’esperienza più cognitiva della morte, ma sempre legata alla reversibilità della stessa. In questa fascia di età la sofferenza si esprime con il pianto e la rabbia.
Intorno ai 6 anni capisce che la morte è irreversibile e universale. Compito dei familiari è quello di aiutarlo ad esprimere le proprie emozioni, rispondendo anche alle domande e dubbi sulla morte, non lasciandolo solo con il proprio vissuto.
A 7 anni i bambini capiscono il significato di perdita delle funzioni vitali, ad 8 anni capiscono anche le possibili cause dovute ad incidenti e malattie. Tra gli 8 e i 12 anni il concetto di universalità è abbastanza affinato fino al completamento intorno ai 14 anni. A questa età vi è un maggiore interessamento al fatto, la morte è accettata come parte della vita, visto che in questo periodo si è nel pieno dell’adolescenza , le conseguenze del lutto si scontrano con la fragilità di questo periodo di crescita. In questa fase l’adolescente è spinto da motivazioni contrapposte tra l’indipendenza e la richiesta di rassicurazioni dovute alla sofferenza. Le espressioni più rilevanti sono la rabbia e l’ansia che possono assumere forme distruttive e pericolose per la sua integrità psicofisica.
Il massimo dell’esperienza dolorosa per un bambino è quando perde un genitore, diventando anche una esperienza traumatica.
“Troppo spesso i genitori rimasti in vita, preoccupati del loro dolore e ritenendo di fare la cosa giusta, nascondono i loro veri sentimenti e dicono ai bambini poco o niente della morte del genitore. Così facendo trascurano i bisogni dei loro figli di piangere le perdite che hanno cambiato profondamente la loro vita. Non c’è cattiveria nel modo in cui questi adulti trascurano il bisogno dei loro figli; è solo che essi no sanno o non hanno mai considerato l’impatto emotivo che la morte di un genitore può avere su un bambino.” E.Kubler-Ross (2009).
Se il lutto avviene entro i 5 anni Bowlby parlò di “trauma della perdita” che avviene tramite la relazione con la figura di attaccamento. Le emozioni più frequentemente provate dai bambini quando muore un genitore sono: la paura, la colpa, la rabbia e la tristezza. E’ possibile che compaia anche solo una reazione o diverse contemporaneamente ciò ci può far pensare ad un arresto della elaborazione del lutto. Queste emozioni possono generare anche reazioni somatiche come cefalea , problemi intestinali o altri malesseri.
E’ necessario parlare al bambino in modo chiaro e diretto anche su come sia avvenuta la morte (malattia o incidente) in modo comprensibile per il bambino, dandogli la possibilità di esprimere la propria sofferenza, perché è la soppressione delle emozioni che può creare importanti problematiche al bambino. Molto importante in caso di malattia fare un lavoro preparatorio dove ci si inizia a confrontare con l’evento della perdita.
Concludendo si è vista l’importanza di prendersi cura dei bambini quando attraversano un lutto, attraverso una condivisione dei vissuti relativi alla perdita. Il lutto irrisolto si è visto che provocherà conseguenze anche nelle generazioni successive come se ci fosse una trasmissione transgenerazionale della sofferenza psichica. Quindi un lutto non adeguatamente elaborato può segnare in modo indelebile la situazione emotiva del bambino e delle generazioni future.